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Yoga e Cervello, neuroscienze e pratica in equilibrio

Introduzione, un articolo a due velocità per scegliere il tuo passo.

Questo articolo è un po’ più lungo del solito, perché il tema è complesso e affascinante; l’incontro tra Neuroscienze e Yoga.
Per non appesantire la lettura, ho scelto una struttura “a due livelli”:

  • Sintesi breve → ti accompagna al cuore di ogni sezione, con parole semplici e dirette.

  • Approfondimento in fisarmonica → se vuoi scoprire dettagli scientifici, esempi e pratiche, basta cliccare e troverai una spiegazione più ricca.

In questo modo puoi leggere l’articolo come preferisci; tutto d’un fiato, per cogliere subito l’essenziale, oppure aprendo ogni sezione quando vuoi andare più a fondo.
Perché l’equilibrio non è solo il filo conduttore di questo articolo, ma anche il ritmo della lettura, scegliere il passo giusto per te, oggi!

Un ponte tra respiro e neuroni.

Non sono una neuroscienziata. Né una psicologa. Non ho lauree in medicina, né dottorati in scienze cognitive. E non voglio sembrare ciò che non sono.

Quello che leggerai in questo articolo non pretende di sostituirsi alla voce autorevole di chi ha fatto della scienza il proprio mestiere. Piuttosto, è il frutto di una curiosità genuina, di una ricerca personale portata avanti con attenzione, meraviglia e, soprattutto, rispetto per ciò che non so.

Mi affascina il modo in cui le Neuroscienze oggi dialogano con il mondo della pratica Yogica. Mi incuriosisce come ciò che per secoli è stato intuito, vissuto, percepito attraverso il corpo e la meditazione, oggi trovi riscontri, nomi, immagini e misurazioni nei laboratori.

In questo viaggio cerco di trovare connessioni tra scienza e spiritualità, tra mente e corpo, tra ciò che è misurabile e ciò che si può solo sentire.

Lo chiamo: convergenza consapevole.

Neuroplasticità, il cervello che cambia mentre pratichi

La scienza chiama neuroplasticità la capacità del cervello di modificarsi in risposta all’esperienza.

Lo Yoga stimola memoria, attenzione e calma, modificando ippocampo, corteccia prefrontale e amigdala.
In parole semplici, ogni volta che respiro sul tappetino sto allenando il cervello all’equilibrio e alla presenza.

“La mente cambia. Il corpo cambia. Ciò che coltiviamo cresce.”

  • Neuroplasticità, il cervello che si modella con lo Yoga

Quando ho iniziato a interessarmi seriamente a come lo Yoga potesse influenzare il cervello, mi sono imbattuta in una parola che all’inizio sembrava quasi magica: neuroplasticità.

Non è un termine poetico, anche se un po’ lo sembra.
È il modo in cui la scienza descrive la capacità del cervello di cambiare.

Sì, cambiare!

Non solo imparare cose nuove, ma anche creare connessioni diverse, adattarsi, rinnovarsi.
E questo succede non solo da bambini (come spesso si crede), ma anche da adulti, anche in età avanzata.

Neuroplasticità = capacità del cervello di modificarsi in risposta all’esperienza

E cosa c’entra lo Yoga?

Tanto. Molto più di quanto immaginiamo.

Diversi studi con risonanza magnetica hanno osservato che persone che praticano Yoga regolarmente mostrano:

  • Un aumento del volume dell’ippocampo; l’area legata alla memoria, all’apprendimento e anche all’elaborazione emotiva.
  • Una maggiore attivazione della corteccia prefrontale; quella parte del cervello che ci aiuta a decidere, riflettere, regolare gli impulsi.
  • Una riduzione del volume e dell’attività dell’amigdala; il “campanello d’allarme” del cervello, associato a paura, ansia e stress.

E questo non solo con anni e anni di pratica, ma anche dopo cicli di poche settimane di Yoga che integra āsana, respiro e consapevolezza.

Cosa vuol dire, in parole semplici?

Vuol dire che ogni volta che torni sul tappetino, anche quando ti senti stanca o distratta, stai educando il tuo cervello a nuove possibilità.
Non solo ti stai allungando fisicamente, ma stai modellando la tua mente.
Ogni respiro consapevole, ogni sequenza fatta con ascolto, è come una carezza al tuo sistema nervoso.


Mini mappa concettuale – Yoga & Neuroplasticità

AREA CEREBRALEEFFETTO DELLO YOGA
Ippocampo+ Volume → Migliora memoria ed equilibrio emotivo
Corteccia prefrontale+ Attivazione → Aumenta concentrazione, riflessione
Amigdala Attività → Riduce ansia e reattività

Questa scoperta mi ha dato sollievo.
Perché spesso pensiamo che “siamo fatti così”, che le nostre abitudini mentali, le reazioni emotive, le nostre fatiche cognitive siano “immutabili”.
E invece no!

🌀 La mente cambia.
🪷 Il corpo cambia.
🧘‍♀️ E la pratica dello Yoga è una strada concreta, gentile, accessibile per favorire questo cambiamento.

Non è questione di essere “bravi” a fare Yoga.
È questione di esserci. Di respirare. Di ascoltare.

Stress e amigdala, calmare l’allarme interiore

Lo stress è il sottofondo costante di molti giorni. L’amigdala, il nostro campanello d’allarme, si attiva e ci mantiene in tensione. Lo Yoga non spegne questa parte, ma la educa con respiro profondo e rilassamento, così il corpo torna a percepirsi al sicuro.
È un vero reset gentile; meno cortisolo, più lucidità, più equilibrio.

Yoga & Stress, quando l’amigdala smette di gridare

Viviamo tempi in cui la parola “stress” sembra essere diventata il sottofondo costante delle nostre giornate.
C’è chi lo somatizza con mal di testa, chi con l’ansia, chi con stanchezza cronica. A volte lo sentiamo anche quando tutto va bene, come se fosse semplicemente “nell’aria”.

Eppure, lo stress non è solo una sensazione.
È una reazione biologica molto precisa, guidata da una piccola ma potentissima struttura del cervello, l’amigdala.

Cosa fa l’amigdala?

L’amigdala è come un sentinella interna: rileva i pericoli, segnala le minacce, fa partire l’allarme.
Quando è iperattiva, tende a vedere pericoli ovunque, anche dove non ci sono.
Il risultato? Il nostro corpo resta in uno stato di attivazione cronica: respiro corto, tensione muscolare, digestione bloccata, mente confusa.

Attivazione amigdala → + stress → + cortisolo → – lucidità e benessere

Come interviene lo Yoga?

Ecco la meraviglia! Lo Yoga non “disattiva” l’amigdala, ma la educa.
La pratica costante, soprattutto se include respirazione consapevole e rilassamento profondo, riduce la sua iperattività, permettendo al cervello di ritrovare un tono più calmo e reattivo solo quando serve.

Studi mostrano che:

  • lo Yoga aumenta la variabilità della frequenza cardiaca (un indice di salute del sistema nervoso autonomo),
  • abbassa il cortisolo nel sangue,
  • aumenta l’attività della corteccia prefrontale, che aiuta a “mettere in pausa” reazioni impulsive.

STRESS CRONICO

Amigdala iperattiva → Cortisolo alto → Ansia, insonnia, irritabilità

YOGA

Respiro profondo → Sistema parasimpatico attivo → Amigdala più calma

Più equilibrio, più lucidità, più presenza


Il respiro è la chiave

La cosa più straordinaria è che non servono posizioni complesse per attivare questa risposta.
Bastano:

  • qualche minuto di respiro consapevole (es. 5–2–5 o 5-2-8)
  • una posizione comoda (anche seduti, anche sdraiati)
  • la disponibilità ad ascoltare cosa accade dentro

La scienza lo chiama modulazione del sistema nervoso autonomo.
Io preferisco pensarla come una carezza interiore. Una forma di igiene mentale. Un “reset” gentile.

Prima di conoscere questi studi, pensavo che lo Yoga servisse più che altro a rilassarsi.
Poi ho capito, non è solo relax. È rieducazione del sistema nervoso.
È come insegnare al corpo a non reagire sempre con allarme, ma a restare in ascolto, anche nella difficoltà.

Ci sono giornate in cui inizio la pratica e la mente sembra voler andare ovunque tranne che lì, sul tappetino.
Ma so che non è fallimento. È allenamento.
Ogni volta che scelgo di tornare, anche solo per un istante, è una piccola vittoria neurologica.

Lo Yoga non mi rende immune alla distrazione.
Mi rende più gentile ogni volta che me ne accorgo.

E proprio la gentilezza, quella rivolta a noi stessi, è una qualità che non solo fa bene all’anima, ma letteralmente modifica il corpo.

Come scrivono Daniel Lumera e Immaculata De Vivo nel libro La biologia della gentilezza:

“La gentilezza, intesa come qualità consapevole, è in grado di influenzare l’espressione dei nostri geni e di modulare processi infiammatori e immunitari, migliorando lo stato di salute globale.”

Non è solo una questione etica.
È una questione biologica.
Essere gentili, con gli altri, ma prima di tutto con noi stessi, è un atto di cura che lascia tracce fisiologiche misurabili.

E quando il nostro ritorno all’attenzione avviene senza giudizio, senza forzatura, con tenerezza, allora anche il sistema nervoso lo percepisce come sicuro.
E può finalmente… respirare.

Embodied cognition; il corpo che pensa e comunica

Il corpo non è solo un involucro; è linguaggio, memoria, pensiero. Le neuroscienze lo chiamano embodied cognition, la mente non è solo nella testa, ma nel corpo che respira e si muove.
Ogni postura Yoga è un messaggio: una torsione scioglie pensieri, un’apertura del petto restituisce fiducia, una chiusura facilita l’introspezione ecc… L’equilibrio è abitare le posizioni con stabilità e morbidezza, non raggiungere forme perfette.

 

Yoga e linguaggio interiore, Il corpo che pensa, il corpo che parla.

Il linguaggio non comincia con la voce.
Inizia dal corpo.

La postura, il respiro, le mani, gli occhi… tutto comunica, anche quando siamo in silenzio.
È quello che le neuroscienze chiamano embodied cognition, la mente non è solo nella testa, è anche nel corpo che sente, si muove, si esprime.

Il corpo è già linguaggio.

Praticando Yoga ho capito che ogni posizione è una parola che il corpo dice.
C’è un senso interno che va oltre la forma,
una torsione che scioglie vecchi pensieri,
un’apertura del petto che ridà spazio al respiro e al cuore.

“La coscienza nasce dall’interazione tra cervello, corpo ed emozione.”
Dot. Antonio Damasio

Una postura, un messaggio

Secondo gli Yoga Sutra di Patanjali:

“Sthira Sukham Asanam”La posizione deve essere stabile e confortevole.
(Sutra II.46)

Non si tratta solo di raggiungere una forma.
È un modo di abitare se stessi.
Con equilibrio, ascolto, verità.

E anche il respiro ha il suo sutra:

“Tasmin sati shvasa prashvsayor gati vicchedah pranayamah”
– Il pranayama è il respiro sottile e prolungato.
(Sutra II.49)

Quando il respiro si fa fine, silenzioso, presente, la mente smette di rincorrere e comincia ad ascoltare.

🎧 CorpoLinguaggio silenzioso
📍 PosturaMessaggio emotivo e cognitivo
🌬️ Respiro sottilePonte tra corpo e mente
🧠 MenteSi regola ascoltando il corpo

Dipendenze e dopamina, uscire dagli automatismi.

Dipendenza non significa solo sostanze, anche gesti ripetitivi, scroll compulsivi o pensieri ossessivi. Il circuito della dopamina cerca stimoli sempre più forti, ma lo Yoga ci insegna a trovare gratificazione interiore.
Sul tappetino impariamo che possiamo fermarci, respirare e scegliere di non essere obbligati a seguire ogni impulso.

“Posso scegliere. Posso respirare. Questo è libertà in equilibrio.”

Liberi dalle dipendenze. Yoga, dopamina e abitudini.

La parola “dipendenza” fa subito pensare a sostanze, comportamenti compulsivi, a qualcosa di estremo o patologico.
Ma a ben guardare, la dipendenza è una dinamica comune, molto più vicina di quanto sembri.

Ci sono gesti, pensieri, reazioni che ripetiamo senza accorgercene.
Scorciatoie emotive. Meccanismi automatici.
E spesso non ci portano davvero dove vogliamo andare.

Il circuito del piacere

Nel nostro cervello esiste una rete chiamata sistema dopaminergico mesolimbico, che governa il senso di gratificazione.
È coinvolto ogni volta che proviamo desiderio, piacere, ricompensa.
I suoi attori principali sono:

  • Area tegmentale ventrale (VTA)
  • Nucleo accumbens
  • Corteccia prefrontale

Quando questa rete si abitua a stimoli intensi e frequenti (cibo, scroll, conferme social, sostanze), finisce per “abbassare la soglia” del piacere naturale.
Ci vuole sempre più stimolo, e la sensazione di appagamento dura sempre meno.

 Come lo Yoga può agire

Lo Yoga non “cura” la dipendenza, ma può diventare un ambiente interiore sicuro dove:

  • impariamo a osservare l’impulso senza assecondarlo
  • coltiviamo gratificazione intrinseca, non esterna
  • sviluppiamo autocompassione, essenziale nei percorsi di guarigione

Come spiegano le neuroscienze, la pratica regolare:

  • modula l’attività del sistema dopaminergico,
  • rafforza il circuito dell’autoregolazione (prefrontale),
  • calma il sistema limbico legato all’ansia e all’impulso.

 

Il neuroscienziato Judson Brewer, nel suo libro “The Craving Mind”, descrive come la consapevolezza (mindfulness) sia una chiave potente per rompere il ciclo della compulsione:

“L’attenzione consapevole ci mostra la realtà dell’impulso, è passeggero. Non siamo obbligati a seguirlo.”

Il corpo, attraverso il movimento consapevole dello Yoga, diventa uno spazio in cui impariamo a riconoscere quando siamo guidati da bisogno o da presenza.

 

Ho avuto anch’io le mie forme di dipendenza: cattive abitudini (fumare!), pensieri che ritornavano, comportamenti reattivi, la tendenza a voler “riempire i vuoti”.
Lo Yoga mi ha insegnato una cosa semplice ma potente:
Posso fermarmi. Posso scegliere. Posso respirare.

A volte non serve vincere una battaglia.
Serve solo non essere più schiavi dell’automatismo.

 

Dolore! meno sofferenza, più presenza

Il dolore è inevitabile, ma la sofferenza dipende da come ci relazioniamo a esso. Neuroscienze e Buddhismo convergono; la resistenza amplifica la sofferenza.
Lo Yoga ci educa a restare in ascolto senza fuggire, un respiro nella sensazione può trasformare il dolore in presenza. Non lo elimina, ma ci libera dalla lotta.

Yoga e dolore; meno sofferenza, più presenza.

Il dolore ci accomuna tutti.
Nessuno ne è immune.
Ma ciò che cambia è il modo in cui ci relazioniamo ad esso.

Nel mio percorso personale e nelle ricerche che ho approfondito, ho imparato che il dolore non è solo un’esperienza fisica.
È anche neurobiologia, emozione, interpretazione.
E, sorprendentemente, è anche educabile.

Il cervello e il dolore

La neuroscienza mostra che il dolore non vive in un solo punto del cervello.
Coinvolge una rete complessa chiamata “pain matrix”, che comprende:

  • Corteccia somatosensoriale (percezione fisica)
  • Insula (emozione associata alla sensazione)
  • Corteccia cingolata anteriore (valutazione cognitiva)
  • Amigdala (reazione emotiva e memoria del dolore)

E qui arriva qualcosa di molto importante:

Possiamo sentire dolore senza soffrire. E possiamo soffrire senza dolore.

Il dolore secondo il Buddhismo

Nel Buddhismo questa distinzione è centrale:

🧘‍♂️ Dolore = inevitabile. Sofferenza = opzionale.

Il dolore fisico fa parte della condizione umana.
La sofferenza nasce dalla resistenza, dalla reazione, dal rifiuto.
In altre parole, soffriamo perché ci opponiamo a ciò che c’è.

Quando applichiamo questo principio alla pratica Yogica, capiamo che il nostro lavoro non è eliminare il dolore, ma modificare la relazione che abbiamo con lui.

Yoga come spazio di ascolto

Nello Yoga impariamo a:

  • non forzare
  • non fuggire
  • stare con ciò che c’è, anche quando è scomodo

Il respiro ci guida.
Il corpo ci accompagna.
E il dolore, se accolto senza tensione mentale, spesso si trasforma.

Come dice il Dott. Jon Kabat-Zinn, fondatore della Mindfulness-Based Stress Reduction:

“Il dolore è inevitabile.

La sofferenza nasce quando ci identifichiamo con esso.”

Lo confermano anche studi pubblicati in ambito neuropsicologico:
la pratica dello Yoga e della Meditazione modula la percezione del dolore e ne riduce l’impatto emotivo, agendo su:

  • insula (più consapevolezza del corpo)
  • corteccia cingolata (meno reattività)
  • sistema limbico (più regolazione emotiva)

Secondo Chittaro nel suo Neuroscienze dello Yoga, link sito

la postura diventa un contenitore sicuro dove imparare a osservare il dolore senza esserne travolti.

Ci sono giorni in cui il corpo è contratto, rigido, resistente.
In quei momenti, ho imparato a non voler risolvere, ma solo a fare spazio.
A respirare proprio lì, dove duole.
E in quell’atto semplice, la sofferenza si scioglie un po’.
Non perché sparisce, ma perché non lotta più.

Embodiment e stress digitale, tornare a casa nel corpo.

Viviamo molto “nella testa”; schermi, notifiche, frenesia. Il corpo a volte si spegne. La teoria polivagale spiega che ci sentiamo bene solo quando il sistema nervoso percepisce sicurezza. Lo Yoga, con respiro lento, movimenti morbidi e suono, riattiva il circuito ventrale, il corpo diventa un luogo affidabile.
A volte basta chiudere gli occhi, portare le mani al cuore e sentire il battito per ritrovare casa.

Embodiment e stress digitale, tornare a casa nel corpo.

Viviamo sempre più “nella testa”.
Scorriamo schermi, passiamo da una notifica all’altra, e ci dimentichiamo di avere piedi, respiro, battito.
La tecnologia ci connette con il mondo, ma spesso ci disconnette da noi stessi.

In questo scenario, lo Yoga non è solo una pratica fisica o spirituale.
È una pratica di embodiment; un ritorno al corpo come luogo di presenza, regolazione e sicurezza.

Entra in scena la teoria polivagale

Secondo il Professore e Psicologo Stephen Porges, il nostro sistema nervoso autonomo si attiva in base a quanto ci sentiamo al sicuro, più che in base a ciò che accade esternamente.

La sua teoria polivagale ci dice che:

Modalità autonomaStato associatoSistema attivato
🧘‍♀️ Ventrale vagaleSicurezza, connessioneParasimpatico (nervo vago)
⚠️ SimpaticaAttacco, fugaSimpatico
❄️ Dorsale vagaleImmobilità, spegnimentoParasimpatico basso tono

Quando siamo stressati, confusi, bombardati da stimoli digitali, spesso scivoliamo nel sistema simpatico (ansia, agitazione) o dorsale (apatia, burnout).
Il corpo va “in allarme” o si spegne.

Lo Yoga come regolatore del sistema nervoso

La pratica dello Yoga, fatta con attenzione e ascolto, riattiva il circuito del nervo vago ventrale, cioè quello che ci permette di sentirci al sicuro, presenti, connessi.
Succede grazie a:

  • respiro lento e profondo
  • movimenti ritmici e non minacciosi
  • contatto (anche con se stessi, mani sul cuore, mudra)
  • sguardo morbido, suono della voce (es. OM, mantra)

In altre parole, ci insegna che il corpo può diventare un luogo sicuro, e non solo un luogo da fuggire.

 

Porges scrive:

“La sicurezza non è un’idea, è una sensazione corporea.
E il nervo vago è il ponte tra il mondo esterno e il nostro senso interno di pace.”

Nel contesto Yogico, potremmo dire che il respiro è il primo ponte verso questa pace.
E l’embodiment è l’arte di abitare il corpo senza paura.

 

Nelle giornate più stanche o sovrastimolate, sento chiaramente che la mente è “accesa”, ma il corpo è spento o scollegato.
In quei momenti, non mi serve una lezione intensa.
Mi basta portare le mani sul cuore, chiudere gli occhi, sentire il battito.
E da lì ricominciare a tornare.

Perché non siamo solo testa pensante. Siamo anche corpo senziente.
E prendercene cura è un atto di verità.

Motivazione e piccoli rituali, costanza gentile

La motivazione non è fuoco d’artificio, è brace che si nutre con gesti ripetuti. Lo Yoga funziona perché diventa rituale di cura, non obbligo.
Tre esempi semplici: tre respiri al mattino, un mudra durante la pausa, una frase scritta dopo la pratica. Micro-atti che, ripetuti, costruiscono fiducia e radicamento.

Motivazione a lungo termine, la forza dei piccoli rituali

Una delle domande che ricevo più spesso è:
“Come fai a praticare con costanza?”

La risposta, in fondo, è semplice:
non aspetto di avere voglia.
Non aspetto di avere tempo.
Non aspetto niente. Faccio spazio.

Perché la motivazione, quella vera, non è entusiasmo.
È cura. È presenza. È rituale.

Il cervello ama ciò che conosce

Dal punto di vista neurologico, il cervello costruisce abitudini come percorsi nella foresta; più li percorri, più diventano accessibili.

Ogni volta che scegliamo di praticare, anche solo per 5 minuti, stiamo:

  • rinforzando un circuito funzionale (costanza)
  • nutrendo la dopamina in modo sano (gratificazione intrinseca)
  • stimolando il senso di controllo (corteccia prefrontale)

 

Gli psicologi Deci e Ryan, nella Self-Determination Theory, spiegano che la motivazione più duratura è quella che nasce da dentro:

Autodeterminazione = motivazione che nasce da senso, valore e piacere interiore.

Ecco perché lo Yoga funziona:
non perché “dobbiamo farlo”, ma perché ci fa sentire bene, connessi, vivi.

Micro-pratiche, macro-cambiamenti

Spesso immaginiamo la motivazione come un fuoco.
Ma in realtà è più simile a una brace che va alimentata con gesti piccoli, regolari, autentici.

Ecco qualche idea:

GESTOEFFETTO
🧘 3 respiri profondi al mattinoRiattiva la presenza
🙏 Mudra durante una pausaRiequilibra il sistema nervoso
📓 Scrivere una frase dopo la praticaRende visibile il cambiamento
🕯️ Stessa posizione ogni seraCrea radicamento

 

Non pratico perché sono motivata.
Pratico perché ho imparato a coltivare il gesto anche nei giorni vuoti.
Perché so che dopo mi sentirò meglio.
E anche se oggi la mente non ha voglia, il corpo sa dove andare.

Nel tempo, questa scelta ripetuta ha costruito fiducia, ritmo, appartenenza a me stessa.

“La disciplina non è punizione. È un atto d’amore ripetuto.”

I pilastri del benessere neuro-yogico

Daniel Siegel parla di sette attività mentali essenziali. Integrate con lo Yoga, diventano pilastri di equilibrio quotidiano:

  • Sonno & Riposo (Yoga Nidra, pause lente)
  • Movimento Consapevole (asana, camminare)
  • Attenzione Profonda (meditazione, studio)
  • Riflessione Interiore (journaling, mindfulness)
  • Connessione (relazioni autentiche)
  • Gioco & Creatività (leggerezza, esplorazione)
  • Nutrizione & Cura (cibo, acqua, rituali di self-care)

Non è perfezione, è danza tra opposti: attivo e passivo, fare e riposare.

Una vita neuro-yogica, piccoli gesti che nutrono il cervello giorno dopo giorno

Praticare Yoga sul tappetino è un dono che ci facciamo,
ma il vero cambiamento accade fuori, nella quotidianità,
quando portiamo lo spirito dello Yoga nella realtà delle nostre luci e ombre.

Negli anni, tra Neuroscienze e Yoga, ho scoperto che il cervello non chiede prestazioni eroiche, ma piccoli gesti ripetuti, fatti con cuore e presenza.
A volte serve muoversi, altre fermarsi. C’è un tempo per stare soli e uno per lasciarsi toccare dagli altri.
Il benessere non nasce dal “tutto o niente”, ma dall’equilibrio danzante tra opposti.

I pilastri del benessere neuro-yogico, equilibrio tra polarità

Le Neuroscienze e lo Yoga ci mostrano la stessa verità, ciascuno con la sua lingua; la salute nasce dall’alternanza consapevole di esperienze diverse, ognuna con il suo valore, ognuna necessaria.

Ecco come i bisogni profondi del nostro cervello risuonano con i principi dello Yoga, in una danza tra azione e riposo, apertura e raccoglimento, struttura e creatività:

7 pilastri del benessere neuro-yogico

Ispirati al modello di Daniel Siegel 7 attività mentali essenziali Healthy Mind Platter”

PILASTROEsperienza/Attività (Siegel)Yoga & Vita Quotidiana
🌙 Sonno & RilassamentoSleep Time, Down TimeDormire bene, Yoga Nidra, pause di quiete, rilassamento profondo
☀️ Movimento ConsapevolePhysical TimeAsana, camminate, respiro attivo, danza, muovere il corpo
🎯 Attenzione ProfondaFocus TimeMeditazione, journaling, ascolto, studio, attività intenzionali
🌀 Riflessione InterioreTime InPratiche di Mindfulness, consapevolezza, introspezione gentile
🤝 Connessione UmanaConnecting TimeRelazioni autentiche, empatia, gesti di gentilezza
🎲 Gioco & CreativitàPlay TimeEsplorare, sperimentare, sorridere, concedersi leggerezza
🥗 Nutrizione e CuraCura del corpo (esplicitata)Mangiare consapevole, idratazione, self-care, rituali di benessere

Conclusione.

Equilibrio, il ritorno che non ha fine.

Forse non esiste una vera conclusione, perché l’equilibrio non è mai un punto fermo, è una traiettoria che continua.
Come il respiro che lascia andare e riprende.
Come i passi che a volte inciampano, a volte danzano.
Come la mente che vaga e poi si ricorda di Sé.

In questo viaggio tra scienza e Yoga abbiamo visto che il cervello cambia, che lo stress può calmarsi, che il corpo sa parlare, che il dolore può trasformarsi, che la motivazione si nutre di piccoli rituali. Ma la verità più semplice è che ogni gesto di presenza è già equilibrio.

Non serve una formula, non serve un dogma.
Basta un atto d’amore ripetuto; una mano sul cuore, un respiro consapevole, un pensiero gentile rivolto a se stessi.

E allora non ti lascio una risposta, ma un invito:
Scegli oggi un gesto piccolo, concreto, che ti riporti a casa.
Non deve essere perfetto, solo autentico.

Perché l’equilibrio, alla fine, non si conquista; si abita, si coltiva, si ricorda.
E ogni volta che lo ritrovi, è come tornare al cuore.

Qual è il gesto d’amore con cui vuoi nutrire il tuo equilibrio, adesso?

Namasté

Laura

Bibliografia

  • Anatomia Umana, approccio integrato e funzionale di K.T.Patton, G.A.Thibodeau. 21’Edizione EDRA
  • Neuroscienze dello yoga. Evidenze sulla pratica di L.Chittaro, MIMESIS
  • Corso di formazione Discipline Olistiche Neuroscienze

Web

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